I segnali cognitivi precoci: come riconoscerli nella SLA? Negli ultimi anni la ricerca ha evidenziato un aspetto cruciale ma spesso trascurato della SLA, ossia i sintomi cognitivi. Infatti, comunemente la patologia è conosciuta come una malattia che colpisce esclusivamente le abilità motorie. Per far luce su questi aspetti silenziosi e meno visibili, recentemente è stato condotto uno studio dalla Dottoressa Elisa Canu, neurologa e ricercatrice presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele. L’obiettivo è riconoscere tempestivamente ogni possibile sintomo utile per una diagnosi precoce, migliorando al tempo stesso la qualità di vita del paziente e dei suoi familiari.
I segnali cognitivo-comportamentali della SLA
Secondo numerosi studi clinici, nonostante la sua natura prevalentemente motoria, la SLA può presentare anche segnali cognitivo-comportamentali nel 30-50% dei pazienti. Questi disturbi insorgono in maniera graduale e silenziosa, tanto da passare inosservati per pazienti e caregiver. In particolare, le alterazioni cognitive si associano ad anosognosia, ossia la mancanza di consapevolezza della propria malattia nonostante i sintomi siano evidenti. Questo rende ancora più difficile una possibile identificazione.
Più precisamente questi segnali cognitivi sono legati ad alterazioni della corteccia prefrontale, l’area del cervello responsabile della pianificazione, del pensiero complesso e della cognizione sociale. Alterazioni cognitive che in alcuni casi rappresentano anche i tratti distintivi della demenza frontotemporale (FTD), una condizione neurologica caratterizzata da cambiamenti nel comportamento e nel deterioramento cognitivo.
Tra i principali disturbi si manifestano:
- comportamenti socialmente inappropriati, come commenti fuori luogo, difficoltà a seguire regole, mancanza di empatia;
- una marcata apatia, come perdita di iniziativa, motivazione e interesse verso le attività quotidiane e i rapporti personali;
- irritabilità o aggressività, con scatti d’ira immotivati anche in soggetti tranquilli;
- compromissione delle funzioni esecutive: ad esempio difficoltà nella pianificazione, nella risoluzione di problemi e nella gestione del tempo.
In alcuni casi, tra i segnali cognitivi compaiono anche disturbi del linguaggio, come difficoltà a trovare le parole, parlare in modo confuso, o addirittura mutismo. Per questo motivo, è fondamentale una valutazione neuropsicologica che consenta di riconoscere precocemente tutti cambiamenti cognitivi.
Ulteriori segnali non motori: le alterazioni emotive
Un ulteriore aspetto da non sottovalutare ma molto presenti nella SLA sono i disturbi emotivi. In particolare è possibile riscontrare:
- ansia generalizzata con agitazione, attacchi di panico, preoccupazione costante e tensione muscolare;
- tristezza persistente, difficoltà di concentrazione e disturbi del sonno;
- depressione reattiva, con crisi di pianto o sbalzi emotivi non controllabili, anche in contesti non emotivamente significativi.
Ovviamente questi disturbi non sono solo riconducibili ad una reazione alla diagnosi e/o alla progressione della malattia, ma derivano da alterazioni neurochimiche legate ai cambiamenti cerebrali indotti dalla SLA.
La cognizione sociale nella SLA: lo studio dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano
Come accennato in precedenza, alcuni pazienti SLA con disturbi cognitivo-comportamentali manifestano una difficoltà nella cognizione sociale, ossia perdono la capacità di riconoscere le emozioni facciali e comprendere gli stati cognitivi altrui. In particolare faticano a riconoscere emozioni negative come tristezza, rabbia e disgusto.
In passato, la cognizione sociale non è stata studiata clinicamente. L’importanza di indagare anche questa abilità è arrivata nell’ultimo decennio. A tal proposito, di recente è stato condotto uno studio, clicca qui, dalla dott.ssa Canu, insieme alla dott.ssa Veronica Castelnovo e altri colleghi, presso il laboratorio di laboratorio di Neuroimaging of neurodegenerative disorders dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
Durante lo studio per valutare la capacità di riconoscere le emozioni nei pazienti con SLA, sono state mostrati i “volti di Ekman”, ossia immagini standardizzate di facce contenenti le espressioni universali delle emozioni fondamentali, come gioia, disgusto, tristezza, paura, rabbia, sorpresa. Lo studio ha mostrato come questo tipo di test aiuti a distinguere i soggetti sani da quelli affetti da SLA. Inoltre, permette di comprendere, tra i soggetti malati, chi presenta un disturbo cognitivo oppure no.
La ricerca in questo campo apre sempre più a nuove speranze, al fine di garantire in futuro strumenti di diagnosi e di intervento completi per una patologia complessa come la SLA. Di conseguenza, è fondamentale un approccio multidisciplinare, clicca qui, inclusi il supporto psicologico e cognitivo, per una migliore la partecipazione attiva sulle cure e sulla qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie.