La ricerca genetica sulla SLA ha permesso di identificare alcune mutazioni chiave nello sviluppo della malattia, clicca qui per scoprire di più. Tra le cause più rilevanti emerge l’alterazione del gene C9orf72. A tal proposito uno studio internazionale di quale tempo fa, aveva aperto la strada ad una nuova possibilità terapeutica con un farmaco già conosciuto, l’acamprosato. Un passo avanti che offre oggi speranza a tanti pazienti e alle loro famiglie, aprendo la strada a cure sempre più efficaci e pensate su misura per ciascuno. Diventa per questo sempre più importante effettuare gli esami genetici per individuare le potenziali mutazioni.
Il ruolo del gene C9orf72 e il suo coinvolgimento nella SLA
Principalmente il gene C9orf72, situato sul cromosoma 9 e nel citoplasma dei neuroni nei terminali presinaptici, è coinvolto in funzioni cellulari, come la regolazione del traffico vescicolare e la risposta immunitaria.
Tuttavia, una sua mutazione deriva dall’espansione anomala di una sequenza di sei basi nucleotidiche (GGGGCC), che provoca la formazione di RNA tossico e proteine atipiche. In individui sani la sequenza è ripetuta fino a circa 20 volte, invece nelle persone affette da SLA è ripetuta fino a 1.600 volte nello stesso punto del DNA. Nello specifico si innesca una catena di eventi patogenetici come stress cellulare, infiammazione e perdita neuronale.
Per tale ragione, il gene C9orf72 è la causa genetica più comune della SLA, responsabile del 25-40% dei casi di SLA ereditaria e del 4-6% dei casi sporadici (non ereditari). Allo stesso modo, le sue mutazioni possono causare un’altra malattia neurodegenerativa, la demenza frontotemporale (FTD).
Nuova potenziale terapia: i risultati dello studio internazionale del National Institute on Aging (NIH)
Nonostante i progressi nella comprensione dei meccanismi biologici della SLA, al momento non esiste una cura.
A tal proposito, è stato condotto uno studio di ricerca internazionale, coordinato dal National Institute on Aging (NIH), per identificare una potenziale terapia per i pazienti SLA causata da mutazioni del gene C9orf72. Si tratta dell’acamprosato, un farmaco già utilizzato nella dipendenza da alcool. Più precisamente, l’acamprosato modula la trasmissione del glutammato e del GABA, due sistemi di neurotrasmissione coinvolti nei processi di eccitotossicità neuronale, una condizione presente nelle persone affetta da sclerosi laterale amiotrofica.
Gli esperimenti sono stati condotti sulle cellule motoneuronali dei pazienti SLA, analizzando anche i dati genetici di oltre 41mila individui. I risultati di questo studio hanno evidenziato un effetto neuroprotettivo dell’acamprosato, rivelandosi una potenziale terapia per la regressione della malattia con mutazioni C9orf72.
Una grande ricerca pubblicata sul Cell Genomics, grazie anche al contributo di diversi centri di ricerca italiani. Tra questi il “Centro Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano, la Fondazione IRCCS Istituto Auxologico Italiano e la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.
L’uso compassionevole dell’acamprosato per i malati di SLA
Questi risultati preliminari hanno spinto alcuni centri clinici a richiedere l’autorizzazione per l’uso compassionevole del farmaco nei pazienti SLA. E’ possibile somministrare il farmaco a pazienti con una patologia grave e senza trattamenti disponibili, anche al di fuori di un trial clinico. La possibilità di utilizzare un farmaco già approvato, dà l’opportunità di accelerare significativamente lo sviluppo di nuovi trattamenti. Nel caso della SLA, l’acamprosato rappresenta quindi un importante passo avanti nell’identificazione di nuove terapie.
Si aprono così nuove prospettive per lo sviluppo di terapie personalizzate per i malati di SLA. L’obiettivo infatti è arrivare a trial clinici controllati che possano confermare la sicurezza e l’efficacia del trattamento. Una speranza concreta di migliorare il decorso della malattia e la qualità di vita dei pazienti.