Pianificazione condivisa delle cure: un supporto per chi vive la SLA

Affrontare una malattia complessa come la SLA non significa solo fare i conti con aspetti medici e terapie: vuol dire attraversare un percorso fatto di scelte intime, che toccano la qualità della vita, la dignità e il modo in cui si desidera essere curati. Spesso, però, queste decisioni arrivano nei momenti più fragili, quando comunicare diventa difficile e il peso delle emozioni è grande.
Per questo è fondamentale conoscere gli strumenti che permettono di custodire e rispettare le proprie volontà nel tempo. Tra questi, la Pianificazione Condivisa delle Cure (PCC) rappresenta un sostegno prezioso: un percorso che mette davvero la persona al centro e che aiuta a costruire, insieme ai professionisti, un progetto di cura coerente con i propri valori e desideri.

Che cos’è la Pianificazione Condivisa delle Cure? 

La Pianificazione Condivisa delle Cure (PCC)  è uno strumento previsto dall’articolo 5 della Legge 219/2017  , che permette alle persone affette da malattia cronica e/o progressiva di definire le scelte di cura e assistenza, in linea con  i propri desideri e valori. In altre parole, la PCC aiuta pazienti, familiari ed equipe sanitaria a costruire un progetto di cura coerente, umano e personalizzato. 

In questo modo, la PCC rappresenta un percorso che inizia e si sviluppa all’interno della relazione medico-paziente, in un continuo dialogo nel quale si affrontano i diversi aspetti del processo di cura. Tra questi: 

  • il significato del “vivere bene” per il paziente; 
  • quali trattamenti desidera e quali no;
  • come essere assistito nelle diverse fasi della malattia; 
  • come garantire il rispetto delle sue volontà anche quando non potrà farlo. 

Durante la pianificazione condivisa, il team e il paziente discutono i trattamenti salvavita, i trattamenti di supporto, gli interventi palliativi precoci e tutte le valutazioni funzionali che garantiscono la centralità della persona nel percorso di cura.

Le decisioni concordate vengono registrate nella documentazione clinica, rappresentando un riferimento per l’equipe, in caso di perdita delle capacità decisionali. Infatti, la PCC deve essere documentata, firmata dal paziente, aggiornata nel tempo e condivisa con i familiari o caregivers. 

PCC e DAT: quale differenza c’è? 

Molto spesso la PCC e le DAT (Disposizioni di Trattamento Anticipato) vengono confuse, infatti non sono la stessa cosa. 

Le DAT, scopri qui, sono dichiarazioni scritte in autonomia da ogni cittadino maggiorenne e capace di intendere e di volere. Si possono redigere in presenza o in assenza di malattia. Inoltre, servono a indicare in anticipo quali trattamenti si accettano o si rifiutano, non prevedendo un confronto diretto con l’equipe medica. Soprattutto, entrano in vigore solo quando la persona non è più in grado di decidere

Mentre, la PCC prevede un dialogo clinico con medico, sanitari e caregivers, attraverso un consenso informato progressivo. È destinata a persone che affrontano malattie gravi o progressive, come la SLA, e vengono aggiornate  anche in base all’evoluzione della malattia. Un vero e proprio piano di cura che l’equipe si impegna a far rispettare concretamente. 

Perché la PCC è importante per chi convive con la SLA

Sappiamo che la SLA è una malattia che nel tempo può ridurre la capacità di muoversi, parlare, comunicare e respirare. Per questo è importantissimo per ogni paziente definire le proprie volontà. Attraverso la PCC, il paziente ha la possibilità di chiarire quali trattamenti considera accettabili e quali non coerenti con la sua idea di dignità. Allo stesso modo gli permette di definire le preferenze su ventilazione, nutrizione artificiale, cure palliative, ricoveri e assistenza domiciliare. Tutto questo permette la costruzione di un piano globale che integra terapie, assistenza e supporto nelle diverse fasi della malattia. In questo modo si riduce anche lo stress emotivo di familiari e caregiver. 

La PCC è fondamentale perché permette di affrontare la malattia con maggiore serenità, offrendo sollievo e sicurezza: il paziente sa che le proprie scelte saranno rispettate. In altre parole, la Pianificazione Condivisa delle Cure rappresenta un atto di responsabilità verso se stessi, i familiari e i caregiver, poiché consente di guardare al futuro con più consapevolezza e dignità.

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