Mario Bombini e Maria Di Gregorio sono marito e moglie. Vivono in Puglia, a Bisceglie, in provincia di Barletta. Mario ha 68 anni ed è malato di SLA dall’età di 57. Si è sottoposto a tracheo e PEG da 7 anni. Hanno 2 figlie, Francesca e Margherita, e 4 nipotine.

Maria ci racconta la storia di Mario e quanto sia dura la vita del caregiver familiare che si occupa di un malato nel suo stato.

La storia di Mario

Mario era una persona molto attiva, lavorava per i servizi ospedalieri, nello smaltimento di rifiuti tossici. Come secondo lavoro si dava da fare come muratore. Si dedicava completamente alla famiglia. Maria invece lavorava in banca.

I primi sintomi di Mario sono stati un notevole dimagrimento della mano sinistra. Era come se si svuotasse. Poi ha iniziato a fare fatica a camminare. Lamentava dolori alla gamba sinistra. Poi Mario ha iniziato a cadere e non riusciva a rialzarsi. Hanno fatto tanti controlli, ma nessuno riusciva dire cosa avesse.

A San Giovanni Rotondo il primo sospetto di SLA. Mario continua  a lavorare. Mario e la famiglia vanno a Milano, dal dott. Silani che conferma la diagnosi dopo un periodo di ricovero. Silani lo ha sottoposto ad un prelievo dal midollo osseo. Quindi è arrivata la diagnosi di “maledetta SLA” (come la chiama Maria).

Mario inizialmente si spostava in sedia elettrica, purtroppo in breve tempo è costretto ad impiantare tracheo e PEG. Mario oggi è allettato h24, ogni tanto lo fanno uscire all’aperto, ma è complesso. La situazione peggiora quotidianamente. Prima Mario usava il puntatore, ma ora non ce la fa più con gli occhi. 

Non sappiamo da cosa arriva la SLA, gli studi scientifici ad oggi non mostrano evidenze chiare a riguardo, ma è possibile che il lavoro svolto da Mario, a contatto con sostanze tossiche e radioattive, abbia avuto un ruolo nello svilupparsi di questa malattia. 

L’assistenza al malato SLA. Le figure professionali che supportano Maria

La situazione in Puglia è molto complessa, il sostegno economico che viene dato ai pazienti come Mario è irrisorio. Al massimo possono avere 700 euro, e spesso passano mesi e mesi prima di poter avere il contributo. Tra l’altro questi soldi nel caso di Mario sono investiti interamente per pagare la figura che si occupa di lui. Le istituzioni purtroppo sono molto carenti nell’assistenza e nella effettiva comprensione della SLA.

Mario in tutto ha poco più di 2 ore di assistenza professionale al giorno, e 4 ore di assistenza privata. Nelle altre ore, giorno e notte, è Maria che assiste il marito da sola. L’assistenza che le danno non è purtroppo equilibrata, ma le persone che l’aiutano per fortuna sono molto disponibili.

Maria ha l’aiuto di un’assistente familiare che va tutti i giorni a casa, per mezza giornata. Tre volte a settimana va l’OSS per un’ora e mezza la mattina, mentre gli altri 4 giorni va per un’ora, inoltre l’operatore va anche un’ora tutti i pomeriggi. Ha anche il fisioterapista che va dal lunedì al sabato un’ora al giorno. Infine c’è anche un infermiere che va tutti i giorni, sempre per un’ora. Da poco Maria ha anche fatto richiesta per avere un incremento di un’ora per l’OSS per il pomeriggio. Maria riferisce una situazione complessa per quanto riguarda queste figure professionali, infatti gli OSS non potrebbero aspirare e per questo Maria avrebbe bisogno di un’assistenza ulteriore da parte dell’infermiera. 

Il ruolo del caregiver. Una vita dedicata al malato

La SLA è una malattia che non colpisce solo il malato, ma l’intera famiglia. Il ruolo del caregiver è fondamentale. Purtroppo Maria, a parte queste figure professionali, non ha nessuno che le dia una mano. Una delle 2 figlie vive fuori (a Roma) e l’altra vive vicino ma lavora ed ha la famiglia a cui pensare. 

Fare assistenza ad una persona con la SLA, non autosufficiente, è davvero difficile per il caregiver. Sono 7 anni che Maria fa questa vita. Il sacrificio è indescrivibile. Ci si priva della propria vita, purtroppo anche le attività più banali dipendono dalla possibilità di avere qualcuno che stia con il malato. Maria non può nemmeno andare a fare una visita se non ha nessuno con chi lasciare Mario. Dovrebbe fare un’intervento al ginocchio, a seguito del quale dovrebbe fare 3 mesi di riabilitazione in una struttura, ma non ha il coraggio di farlo, perché questo significa lasciare il marito solo.

Maria è, e si sente, sola. Capita spesso che le venga da piangere per la disperazione, è sopraffatta dalla situazione. Lei non può dedicarsi nemmeno per breve tempo a sé stessa. Però Maria non si arrende: “Bisogna essere forti e pregare”. È possibile ascoltare le parole di Maria nella puntata disponibile sul canale YouTube di Radio ISAV – Playlist Mondo SLA cliccando qui.

Questa situazione è comune a tutti i pazienti e le famiglie SLA. Quando si riceve una diagnosi come questa crolla il mondo addosso. La cosa peggiore è vedere una persona a cui si vuole bene perdere la capacità di badare a sé stesso, ma non la lucidità. Infatti, Mario, come tanti malati SLA è pienamente cosciente. Comunica con gli occhi, come può. Maria ricorda con tenerezza il marito quando ancora non era malato. Mario ha costruito la propria casa, dove ora vive la sua famiglia. Per Maria è come se Mario stesse in una prigione. Ma questo non gli impedisce di far sentire alla moglie le vecchie e care attenzioni. 

 

Se sei un paziente SLA, o un familiare, ti invito a contattarci per raccontarci la tua storia e farla arrivare a quante più persone possibili, per sensibilizzare su questa patologia tanto aggressiva quanto poco conosciuta! Vi invitiamo inoltre a visitare il nostro sito (clicca qui) per leggere altre storie come questa!

Contatti: cellulare: 371 481 4966 / email: radioisav@gmail.com / instagram: @radioisav

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