Le spese per l’assistenza dei disabili con invalidità al 100% sono sempre integralmente deducibili. Lo ha stabilito recentemente la Cassazione, riconoscendo il diritto alla detrazione integrale, per garantire il supporto economico alle famiglie che ne hanno diritto.
È il caso di un contribuente che si è vista negare la totale deduzione delle spese affrontate per la cura della moglie gravemente disabile. Il ricorso presentato dall’uomo ha potato all’importante sentenza della Cassazione.
Le spese deducibili e la recente sentenza n.449
È noto che avere a casa un disabile comporti affrontare moltissime spese. Tra queste le spese di assistenza, che è necessaria soprattutto nei casi di malati, come i pazienti SLA, che necessitano un’assistenza continua.
Per accedere alla deduzione, è necessario conservare una documentazione adeguata, come ricevute o fatture, che dimostrino chiaramente la natura delle spese sostenute. Inoltre, è fondamentale che sia presente la certificazione che attesti lo stato di disabilità grave del soggetto assistito.
Le spese deducibili per l’assistenza alle persone disabili si dividono in due categorie principali:
- spese mediche generiche, deducibili anche se sostenute da un familiare del disabile. Si riferiscono alle prestazioni fornite da un medico generico e l’acquisto di farmaci e medicinali;
- spese di assistenza specifica, cioè le prestazioni di assistenza infermieristica, riabilitativa o educativa fornite da personale qualificato.
Nel caso delle spese di assistenza specifica, la Corte di Cassazione ha stabilito un importante principio con la recente sentenza n. 449.
Le spese sostenute per l’assistenza a persone con disabilità al 100% sono sempre integralmente deducibili dal reddito complessivo. Questo anche se offerte da personale non specializzato, come nel caso delle collaboratrici domestiche. Indipendentemente dal reddito del contribuente.
Il caso e la decisione della Cassazione
Il contenzioso è nato dalla situazione di un contribuente che aveva richiesto la deduzione integrale delle spese sostenute per l’assistenza della moglie, gravemente invalida. L’assistenza della donna era affidata a due collaboratrici domestiche. L’Agenzia delle Entrate ha però riconosciuto come deducibile un importo di soli 5.000 mila euro, su un totale di oltre 36.000 euro. La decisione era stata motivata con il fatto che le collaboratrici non possedessero qualifiche specifiche per la cura di persone con disabilità.
Il contribuente, ritenendo questa interpretazione ingiusta, ha fatto ricorso fino alla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha ribaltato l’interpretazione dell’Agenzia, affermando che la legge non limita la deducibilità delle spese di assistenza in base alla qualifica professionale del personale impiegato.
La Corte ha basato la propria decisione sull’articolo 10, comma 1, lettera b, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Esso prevede la deducibilità integrale delle spese di assistenza specifica per soggetti con grave e permanente invalidità o menomazione. Inoltre, la legge 104/1992, all’articolo 3, stabilisce che la persona con disabilità è chi presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale che causa una significativa difficoltà di integrazione sociale e lavorativa.
L’obiettivo della normativa fiscale è garantire alle persone con disabilità e ai loro familiari un sostegno concreto, eliminando eventuali ostacoli economici all’accesso all’assistenza necessaria.
Un chiarimento importante per i contribuenti, ma soprattutto un messaggio di inclusione e tutela
La sentenza segna un punto di svolta, eliminando un’interpretazione restrittiva che per anni aveva penalizzato i contribuenti. In passato, l’Agenzia delle Entrate aveva imposto limiti alla deducibilità delle spese di assistenza in base alla qualificazione del personale, clicca qui per approfondire. Vi era una notevole discriminazione tra chi poteva permettersi di assumere professionisti qualificati e chi ricorreva a personale senza specifiche qualifiche.
Con questa sentenza, la Corte di Cassazione manda un messaggio chiaro: la legge deve tutelare i diritti delle persone con disabilità e dei loro familiari. La Corte ha chiarito che l’importante è la finalità delle spese, ovvero la cura diretta della persona con disabilità, a prescindere dalla qualifica del personale impiegato.
Infatti, non tutti coloro che si occupano di un malato gravissimo hanno le stesse possibilità economiche. Questo comporta delle scelte anche sull’eventuale personale assunto per l’assistenza del paziente. Molte famiglie si affidano a professionisti, ma altri devono optare per personale non qualificato.
Questo principio è coerente con le finalità della legge 104/1992, che promuove l’inclusione sociale delle persone con disabilità e il sostegno alle famiglie. Sicuramente una vittoria sociale, che rafforza i principi di equità, inclusione e solidarietà.